Il periodo delle festività natalizie, per quanto concerne un discorso puramente e strettamente collegato all’economia ed alla finanza, è anche un momento ideale per tirare le somme su quanto fatto finora, per stilare un bilancio complessivo di tutta l’annata: difatti, il 2015 si è avviato oramai in maniera inesorabile alle sue battute finali, ed il 2016 è un nuovo anno che, si spera, possa essere ricco di soddisfazioni e che possa portare tutta una serie di buone notizie.
In tal senso, in effetti, alcuni dati emersi ultimamente possono indurre ad un cauto, cautissimo ottimismo. Difatti, se si prendono in esame gli stessi dati, ma relativi agli anni precedenti degli ultimi due lustri, possiamo verificare che, per quanto concerne le imprese, le ditte, le aziende ed in generale gli esercizi commerciali presenti sul territorio italiano, il fallimento e la chiusura di questi ultimi è certamente diminuita, rispetto al 2014 al 2013 o ad altri periodi precedenti.
Aspetto, questo, che potrà senz’altro fare felici non soltanto molti imprenditori e titolari di varie imprese, ma anche i tanti comuni dipendenti che vi lavorano, e che possono quindi ricevere un salario adeguato al mantenimento della propria famiglia e del proprio stile di vita. Quasi un diritto, se vogliamo, ma sfortunatamente questo diritto, in Italia, per molti è ormai diventato praticamente un privilegio, se non addirittura una fortuna.
Difatti, per molti ancora non è così. E purtroppo, in tal senso, alcune preoccupanti conferme arrivano anche dall’Unione Europea. Secondo la quale il dato della disoccupazione, che purtroppo è ancora in crescita in tutto il Vecchio Continente, nel Belpaese raggiunge addirittura delle percentuali fin troppo considerevoli, se non addirittura gravemente preoccupanti.
Da questo punto di vista, infatti, secondo l’Unione Europea, l’Italia è il paese, all’interno del Vecchio Continente, che si trova nella posizione peggiore, quella più critica in assoluto: sono in moltissimi, infatti, nel Belpaese, e soprattutto fra i più giovani, coloro che non solo non hanno alcuna occupazione, ma che non sono neppure inseriti all’interno di alcun percorso formativo, e che quindi hanno ben poche prospettive per un impiego o per un qualsiasi lavoro futuro.
In particolare, tramite una autorevole ricerca belga, emerge che, nel corso degli ultimi due lustri, sono in moltissimi i giovani che hanno visto il loro potere d’acquisto diminuire sempre di più, impoverendosi ulteriormente anno dopo anno, tanto che, ad oggi, circa un quarto tra coloro che sono in età compresa tra i 18 ed i 25 anni, si ritrovano senza un impiego (e nei casi in cui hanno un lavoro si tratta comunque di una occupazione decisamente precaria).
In particolare, e questo è forse il fenomeno in assoluto più preoccupante, pare che l’Italia occupi il non invidiabile primo posto in classifica nel preoccupante fenomeno del NEET, acronimo che va ad indicare tutta quella categoria di persone che non hanno né un impiego, né studiano, né sono inseriti in un qualsiasi tipo di percorso formativo capace di proiettarli verso il mondo del lavoro: sono infatti addirittura il 20%, ossia uno su cinque, i giovani italiani che si trovano in questa poco invidiabile situazione.
La situazione è, quindi, sempre più allarmante: sembra necessario, a questo punto, che le forze politiche (e non solo) cerchino di ripristinare un equilibrio che sembra essersi perduto e che forniscano nuovamente potere e lavoro non solo a coloro che lo hanno perduto (e si trovano con una famiglia sulle spalle) ma anche ai giovani che, una famiglia, non riescono ancora a costruirsela.